Naufraga il progetto di un futuro comune? L’ex ha diritto a vedersi restituito quanto ha speso
Corte di Cassazione, Sez. III, sentenza 7 giugno 2018 n. 14732
La sentenza in esame trae origine dalla vicenda di una coppia di fidanzati, poi conviventi in cui la donna aveva contribuito con ingenti esborsi di denaro, oltreché impiegando il proprio tempo libero per la costruzione di una casa su un terreno di proprietà dell’uomo.
Al termine della convivenza, durata 4 anni, l’uomo teneva per sé la casa di cui era esclusivo proprietario oltre a tutti gli arredi della stessa.
La donna agiva dunque in giudizio proponendo domanda di arricchimento senza causa nei confronti dell’ex compagno con riguardo al contributo da lei dato nella costruzione dell’abitazione.
Il Tribunale non accoglieva la domanda della donna, dando invece ragione all’uomo che sosteneva di non dover nulla in quanto le prestazioni della signora erano state effettuate a titolo gratuito ed in adempimento ad un dovere morale ed erano per tale ragione irripetibili.
La decisione veniva ribaltata in Corte d’appello.
La Corte di Cassazione al termine della lunga vicenda giudiziaria con la pronuncia in esame, confermando quanto statuito dalla Corte d’Appello, riconosce alla donna il diritto a riavere il denaro speso, oltre ad una indennità per le ore di lavoro prestate negli anni per la costruzione della casa comune.
La Corte precisa che l’azione di indebito arricchimento ha come presupposto che la dazione in favore di un altro soggetto sia avvenuta senza giusta causa e dunque tale presupposto non sussiste nelle ipotesi in cui il conferimento sia stato volontario. Nel caso di specie però pur essendo stato indubbiamente il conferimento della donna dato volontariamente, questo non è stato effettuato come liberalità esclusiva in favore del partner per costruire la sua casa, bensì nell’ottica di costruire una casa dove avrebbero abitato insieme in un futuro comune.
La donna ha dunque diritto a vedersi restituito dall’ ex quanto conferito una volta sfumato il progetto di vita comune.
Le somme non sono state, infatti, conferite in adempimento di una obbligazione naturale poiché, secondo quanto statuito dalla Corte, i due all’epoca erano fidanzati e non formavamo una famiglia di fatto e poiché si trattava di importi ben superiori a quello che era il normale tenore di vita della donna.