Per determinare il concetto di “residenza abituale” nel caso del lattante bisogna avere riguardo all’effettiva integrazione della madre nello Stato.

Corte di Cassazione, sentenza 2 novembre 2022, n. 32194

La Corte di Cassazione con la sentenza n. 32194 chiarisce il concetto di residenza abituale del minore nel caso di bambini piccolissimi.
La decisione trae origine da un caso di sottrazione internazionale di minore in cui un bebè di tre mesi nato in Spagna da madre italiana e padre spagnolo era stato condotto dalla madre in Italia e nello specifico in Sardegna.
Il Tribunale per i minorenni di Sassari aveva disposto il rientro del bebè in Spagna, in quanto il piccolo era stato condotto in Italia senza il consenso paterno.
Con la pronuncia in esame la Suprema Corte cassa il decreto del Tribunale per minorenni di Sassari chiarendo che deve essere preso in considerazione il fattore dato dalla tenerissima età del bambino nella determinazione della sua residenza abituale avente carattere di stabilità ed effettività.
Nel caso di specie doveva essere valutata in particolare l’assenza di rapporti del minore e della madre che accudisce il bambino con la Spagna.
La madre del neonato, infatti, era arrivata in Spagna come studentessa nell’ambito del progetto “Erasmus”, non aveva nel paese mai lavorato, né costruito legami significativi, al di là della relazione sentimentale con il padre del bambino, ormai conclusa. La convivenza con il padre del bambino era peraltro durata, dopo la nascita del piccolo, un mese soltanto.
La Corte chiarisce dunque non essere sufficiente la circostanza che il bambino fosse nato in Spagna ed avesse vissuto qualche mese nel paese paterno per farne il luogo di residenza abituale.
La Cassazione in tema di sottrazione internazionale di minori afferma dunque il seguente principio di diritto: «Quando un bambino, in condizione non scolare, nei primi mesi di vita – (nella specie, meno di otto mesi di età, avuto riguardo al momento della proposizione della domanda) -, sia effettivamente custodito dalla madre, in uno Stato membro diverso da quello in cui risiede abitualmente il padre, ai fini dell’individuazione della “residenza abituale” del minore, concetto idoneo ad integrare il presupposto della fattispecie sottrattiva, occorre fare riferimento all’ambiente
sociale e familiare e alla cerchia delle persone da cui lo stesso minore dipende e che egli necessariamente condivide, come rilevato dalla giurisprudenza eurounitaria. Ai fini dell’accertamento di tale residenza abituale, occorre prendere in considerazione, da un lato, la regolarità, le condizioni e i motivi del pregresso soggiorno della genitrice nel territorio del primo Stato membro e, dall’altro, le relazioni familiari e sociali effettivamente intrattenute da quest’ultima e dal minore, con essa convivente, nel medesimo Stato membro, verificando se, al momento in cui è stato adito il giudice, la madre e il minore, che dipende da quest’ultima, fossero presenti in modo stabile nel territorio di quello Stato e se, in considerazione della sua durata, della sua continuità, delle sue condizioni e ragioni, tale soggiorno denoti una apprezzabile integrazione del genitore in questione in un ambiente sociale, perciò condiviso con il minore, pur non potendosi trascurare l’altro genitore con cui il minore mantenga contatti regolari»

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